La Dipendenza
La Dipendenza patologica: Disturbo mentale o malfunzionamento bio-chimico?
Cercando su google o su qualsiasi altro motore di ricerca chiunque può imbattersi nelle definizioni di “Dipendenza” più disparate. Dipendenza fisica, Dipendenza psichica, Dipendenza da cellulare, Tossicodipendenza, Dipendenza da alcol, Dipendenza da internet, Dipendenza da videogiochi; sono solo alcune delle distinzioni che è possibile trovare, e ciascuna si concentra su un aspetto specifico, “il proprio orticello”.
Quali sono le cause della Dipendenza? I principali approcci
La psicanalisi afferma che un soggetto dipendente ha sviluppato un Io debole che è alla mercé di pressioni sia interne che esterne; l’Es (istinti e pulsioni), il Super-Io (morale) e le regole sociali sono percepiti come macigni difficili da gestire. Il soggetto pertanto nel tentativo di adeguarsi a tutte queste istanze da’ la sensazione di essere “costruito”, poco autentico e per molti versi infantile.
La Neuro-biologia invece punta tutto sul rilascio a livello cerebrale della dopamina, il neurotrasmettitore associato al piacere di una ricompensa dopo un comportamento adattivo; e ad essa attribuisce l’innesco di un circolo disadattivo che si autoalimenta. In altre parole, entrare in contatto con l’oggetto del desiderio fa sì che il cervello rilasci dopamina, donando una sensazione di temporaneo ed illusorio piacere; ciò indurrebbe la persona a cercare sempre di più la sostanza/situazione/persona in questione, determinando così la dipendenza da essa.
Mente e corpo: in che rapporto sono?
Riteniamo invece che per comprendere a fondo il fenomeno si renda necessario prendere in considerazione più aspetti; bisogna cioè contestualizzare tutto alla storia di ciascuno e provare a costruirsi una visione che sia quanto più ampia possibile. La persona va vista nella sua interezza psico-fisica-ambientale, e non ai singoli orticelli che realizza in giro durante il suo percorso di vita.
Il punto è proprio questo, l’essere umano è un organismo multidimensionale, è cioè il frutto dell’interazione tra la sua mente, il suo corpo, l’ambiente socio-familiare in cui vive e di quello in cui è cresciuto; ne consegue che si tratti di elementi inscindibili e tutti intrinsecamente correlati tra di loro. Risulta chiaro che ogni volta ciascuno di essi ha un peso diverso rispetto agli altri proprio in virtù dell’unicità di una storia, del corredo genetico o di quel determinato ambiente; altrettanto chiaro è anche che concorrono tutti insieme nel determinare chi e come sarà quella determinata persona, rendendola unica ed irripetibile. Non a caso, sempre più spesso, i clinici prediligono approcci multidisciplinari per affrontare le patologie più complesse; sanno che per prendersi cura di una persona, e non solo di una patologia, bisogna curarla nella sua interezza.
Dipendenza patologica: una definizione multidimensionale
A partire da questo presupposto, tentiamo di dare una descrizione del fenomeno “Dipendenza patologica” che possa tener conto di tale multidimensionalità.
– L’individuo che soffre di una dipendenza patologica (Addiction) si trova in una condizione di desiderio irrinunciabile ed incontrollabile (Craving) nei confronti di un “oggetto”. Verso di esso sviluppa una vera e propria assuefazione; ciò vuol dire che nel tempo le risposte comportamentali, chimiche ed emotive che l’organismo produce quando entra in contatto con questo “oggetto” si affievoliscono. Ciò induce nel soggetto un bisogno di esposizioni/assunzioni sempre maggiori per mantenere inalterato il livello del piacere provato. Si innesca un circolo vizioso, per cui un maggiore bisogno comporta una maggiore esposizione che a sua volta determina un bisogno ancor più forte e così via; un “crescendo rossiniano” a cui purtroppo solitamente non fa seguito un epilogo altrettanto piacevole come quello del compositore marchigiano. –
Da cosa si può essere dipendenti?
L’ “oggetto” in questione a volte è una sostanza come un farmaco, l’alcol, il tabacco o una qualsiasi droga, altre volte invece è rappresentato da una situazione, come il gioco d’azzardo (Gambling), l’uso intensivo delle nuove tecnologie (videogiochi, smartphone, social media, ecc.), il sesso, lo shopping o il cibo (Food Addiction), o in alcuni casi è identificabile persino in una persona, un genitore o una figura investita di “vitale” importanza (Dipendenza affettiva); di sicuro sappiamo che in mancanza di esso il paziente dipendente sviluppa sintomi che ne determinano uno stato di malessere direttamente correlato alla condizione di deprivazione.
Tutti nasciamo dipendenti!
Ma facciamo un passo, o più di uno, indietro per poter meglio comprendere da un punto di vista psicologico cosa accade, e partiamo da una considerazione: tutti nasciamo dipendenti!
Si, la storia di ognuno di noi ha inizio in una condizione di estrema dipendenza; da neonati facciamo esperienza di una situazione in cui se non ci fosse qualcosa fuori da noi a darci piacere (latte a ristorare lo stomaco che brontola, braccia ad assicurarci una continuità tra il grembo materno e la luce del sole, mani che danno sollievo dallo sporco, dai rossori e dai bruciori) saremmo spacciati in brevissimo tempo.
L’innato istinto di sopravvivenza di cui la natura fa dono a tutte le forme di vita (che la Psicoanalisi nell’essere umano chiama Pulsione di vita) fa si che impariamo sin da subito strategie finalizzate ad ottenere il “piacere” di cui necessitiamo; il pianto si trasforma così ben presto da spontaneo ed incontrollato a finalizzato.
Sia chiaro, non stiamo dicendo che il neonato sia capace di pensieri razionali che gli consentano di mentalizzare un’associazione del tipo “se piango ottengo latte”, almeno non da subito; è vero però che in maniera del tutto graduale ed inizialmente istintiva va apprendendo che a determinati stimoli seguono determinate risposte.
E qui si apre un mondo, poiché è facile immaginare quanto dipenderà dalla presenza/assenza dei genitori, dal loro stile di personalità, dalle loro capacità empatiche, dalla resilienza del bambino, dal suo corredo genetico, dalle sue strutture cerebrali, dalle credenze culturali dell’ambiente in cui è nato, ecc ecc, la velocità e la sicurezza con cui il bambino riuscirà a strutturarsi una personalità solida e capace di percepirsi “abile” nel prendersi cura di sé, mediante le strategie che sarà capace di mettere in atto.
Abbiamo bisogno di integrare non di dividere
E si tratta solo dell’inizio. A partire dalla struttura originale dell’organismo, e da questa prima ancestrale esperienza, seguiranno anni in cui interazioni, sviluppi, intoppi, successi ma anche difficoltà e a volte traumi, sia organici che psicologici che sociali, determineranno chi e come sarà ciascuno di noi da adulto. E’ per questo che medici e psicologi che intendano curare persone, e non solo malattie, si approccino ad esse partendo sempre da un’anamnesi completa della storia dell’individuo.
Possiamo dunque affermare che per comprendere il fenomeno della Dipendenza patologica e della sua cura non bisogna scindere gli aspetti mentali da quelli bio-chimici, ma anzi integrarli nel rispetto della complessità della macchina più bella e più evoluta che madre natura abbia creato: l’Uomo.
Dr. Angelo Cirillo
Psicologo Psicoterapeuta
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