Omofobia
Quando la sessualità fa paura.
“Ecco, si può sperare che l’omofobia diventi questo: un
repertorio di innocui stereotipi che pochi imbecilli
prendono sul serio, mentre tutti gli altri ci giocano”
Così nel 2004 scriveva Tommaso Giartosio sull’omofobia.
“Perché non possiamo non dirci. Letteratura, omosessualità, mondo” Feltrinelli, Milano, 2004.
Ci speriamo Tommaso, ci speriamo ancora.
Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia
La giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia si celebra il 17 maggio di ogni anno in memoria del 17 maggio 1990; quel giorno l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) rimosse l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali nella Classificazione Internazionale delle Malattie (ICD).
La giornata nasce con l’obiettivo di favorire la promozione di attività ed eventi su tutto il suolo dell’ Unione Europea allo scopo di informare e sensibilizzare i popoli sull’omofobia. Ma il fine ultimo è aiutare ciascuno a vivere la propria e l’altrui sessualità senza condizionamenti e preconcetti, liberi, così com’è nella nostra natura.
Genere, Identità di genere, Orientamento sessuale, Identità dell’orientamento sessuale e Comportamento sessuale
Cinque termini la cui comprensione risulta fondamentale per districarsi tra le riflessioni sul tema.
- Cosa indica il Genere? Il Genere è il sesso di cui biologicamente siamo dotati. (Maschio o femmina)
- Cos’è l’Identità di genere? L’Identità di genere rappresenta il modo in cui una persona si sente. (Uomo o donna)
- Cosa vuol dire Orientamento sessuale? L’orientamento sessuale indica la direzione verso la quale è orientata la sessualità . (Etero, omo, bi, trans)
- Cos’è l’Identità dell’orientamento sessuale? L’Identità dell’orientamento sessuale è il livello di interiorizzazione del proprio orientamento sessuale. Ha a che fare con quanto si è consapevoli, con quanto ci si accetti, e quindi con quanto si è in pace con il proprio essere e con la propria sessualità.
- Cosa rappresenta il Comportamento sessuale? Il Comportamento sessuale è il modo in cui agiamo la sessualità; esso è momentaneo, transitorio, certamente collegato con alcune fasi critiche della vita come l’adolescenza o momenti di indefinitezza. (Non sono rare esperienze comportamentali come la masturbazione tra adolescenti, rapporti tra detenuti/e, o sperimentazioni per verificare il proprio orientamento.)
Cos’è l’omofobia?
Omofobia letteralmente significa “paura dello stesso” (o “paura di se stessi”?). Il termine fu utilizzato per la prima volta dallo psicologo George Weinberg nel 1971, per indicare una paura irrazionale nei confronti di chi è diverso da se stessi (?).
Già negli anni sessanta diverse ricerche avevano descritto l’identikit dell’omofobo tipo; personalità autoritaria, rigidità, insicurezza, senso di minaccia percepito dal “diverso da sé”, e spesso con una bassa Identità dell’orientamento sessuale.
Di cosa ha paura l’omofobo? Cosa significa essere gay?
Fiumi d’inchiostro sono stati spesi nel tentativo di dare una definizione di “omosessualità” che fosse tanto concreta e realistica quanto scientificamente attendibile ed altamente rappresentativa; e ancora oggi fior fiori di studiosi si affannano nel trovare il bandolo della matassa in questa annosa vicenda.
Per quanto ci riguarda, riteniamo che i fatti psicologici poco o nulla abbiano a che fare direttamente con la realtà; e che qualunque sia il nostro sentire, non è la realtà a determinarlo quanto piuttosto il frutto di come noi ci approcciamo ad essa. In altri termini, non è la qualità dei fatti agiti o subiti a renderci ciò che siamo, ma è il peculiare modo in cui ciascuno affronta gli eventi a determinare il proprio essere.
L’orientamento sessuale quindi, può definirsi omosessuale se la persona sperimenta un desiderio affettivo e sessuale verso chi sente più vicino e simile, anziché verso chi “incarna” letteralmente la diversità.
Pertanto fare l’amore con una persona dello stesso sesso piuttosto che provare ripugnanza verso rapporti con il sesso opposto non basta per determinare se un individuo sia gay oppure no; se così fosse, dovremmo pensarlo anche di chi si prostituisce ma non desidera quel sesso, o di chi è disgustato dal sesso opposto per qualsivoglia altro motivo. Sarebbe evidentemente un errore.
Sessualità e psicoanalisi
“In tutti noi, per tutta la vita, la libido oscilla di
solito tra oggetti maschili e femminili.”
S. Freud, Psicogenesi di un caso di omosessualità in una donna, 1920
Citazione lapidaria e altamente rappresentativa del pensiero di quello che è universalmente riconosciuto come “il padre della psicoanalisi“: Sigmund Freud. In sostanza egli ritiene che sia la personalità dei maschi che delle femmine abbiano sensibilità, parti e aspetti tanto dell’uno quanto dell’altro sesso. Un uomo può avere sensibilità solitamente femminili senza che sia gay, e altrettanto una donna può avere una forza caratteriale tipicamente maschile senza che sia lesbica.
Ovviamente i 6 miliardi d’individui che attualmente abitano la terra rappresentano altrettante 6 miliardi di sfumature; ognuna di esse si configura quindi come una particolare commistione di aspetti maschili e femminili che definiscono l’unicità della sessualità di ciascuno di noi.
Tre saggi sulla teoria sessuale
Nel 1905 il dott. Freud pubblica “Tre saggi sulla teoria sessuale“, opera in 3 volumi in cui descrive il suo inquadramento teorico della sessualità dalla prima infanzia all’età adulta. Non possono mancare ovviamente i riferimenti all’omosessualità, che viene inizialmente definita come “inversione sessuale“.
Egli teorizza una sessualità come pulsione istintuale presente nell’essere umano sin da subito; ai tempi questo concetto sollevò un grande polverone, non era concepibile pensare un bambino sessuato, e detto in questi termini ancora oggi c’è chi storce il naso.
Il concetto è questo. Siamo dotati di una pulsione innata, di una spinta istintuale al soddisfacimento di un piacere erotico (suscitato cioè dalla stimolazione dei sensi nelle zone erogene), che avviene con modalità di volta in volta più evolute. A un giorno di vita per esempio la bocca è stimolata dal calore, dal sapore, dall’odore, dalla capacità saziante e dalla sensazione di contenimento dell’abbraccio e del seno materno; dopo 1 anno circa sarà la pappa, o meglio il momento della pappa nel suo insieme; a 6 anni potrebbero essere le sue caramelle gommose preferite, oppure a 14 il primo bacio, e così via. Si tratta cioè del medesimo desiderio di piacere, ovviamente soddisfatto man mano con modalità sempre più adeguate al grado di maturità raggiunto.
E quindi cosa determina lo sviluppo dell’identità di genere?
Oltre all’istinto c’è di più.
La pulsione sessuale spinge verso un soddisfacimento del piacere, ma ciò che determina l’oggetto (maschio e/o femmina) cercato per tale soddisfazione è il modo in cui il soggetto ha vissuto il rapporto tra e con i genitori.
Un ragazzo etero dopo il primo naturale forte legame con la madre, verosimilmente ha sviluppato un rapporto di reciproca comprensione e complicità col padre; questo suo modo di sentire il legame gli ha consentito di sentirsi come il papà ed identificarsi con lui. Oggi inconsciamente è possibile che cerchi una donna che lo faccia sentire così come la mamma ha fatto sentire suo papà.
Un ragazzo gay invece verosimilmente ha vissuto la madre ed il loro legame come qualcosa da cui è difficile separarsi; un’esperienza emotiva, positiva o negativa che fosse, talmente forte da farlo propendere inconsciamente per una identificazione sempre più massiccia con lei, pur di non sentirne la distanza.
In soldoni possiamo così riassumere: cerchiamo nel partner il genitore con cui non è stato possibile identificarsi.
Si guarisce dall’omosessualità?
Diciamolo subito, forte e chiaro: NON C’È NULLA DA CUI GUARIRE
E non lo diciamo noi oggi. Lo diceva già Freud nel 1903, quando pubblicamente si espose contro chi trattava gli omosessuali alla stregua di criminali; o nel 1920 quando invece in “Psicogenesi di un caso di omosessualità femminile” mostrò tutte le sue perplessità tecnico-teoriche verso chi tentava di convertire i pazienti omosessuali in eterosessuali. Ma anche nel 1930 quando firmò una petizione per abolire le pene nei confronti degli omosessuali; o nel 1935, quando in una lettera ad una madre americana che gli chiedeva di “guarire” sua figlia, Freud ribadì come l’omosessualità non potesse essere definita una malattia.
E ancora.
Ci sono voluti molti anni di studi e ricerche per arrivare alla conclusione apparentemente più ovvia, ma evidentemente più difficile da digerire per un certo tipo di cultura e di mentalità. La sessualità è un aspetto tanto centrale e pregnante della vita umana quanto vasto e soggettivo nel modo in cui ciascuno ne gode. La prima immagine di una coppia gay risale addirittura all’Egitto del 2400 a.c.; viene da chiedersi come sia stato possibile pensare che fossero tutti malati.
Nel 1974 è finalmente una delle maggiori associazioni mediche mondiali ad eliminare l’omosessualità dall’elenco dei disturbi mentali; l’American Psychiatric Association (APA) aggiorna il suo Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM). Nel 1990 invece tocca alla conservatrice Europa adeguarsi, e l’OMS fa altrettanto con la lista delle malattie mentali.
Ma quindi, se l’omosessualità non è una malattia, una devianza, o come riteneva qualcuno “un abominio da perseguitare”, perché ad alcuni fa paura?
É giunto il momento di rispondere alla domanda al centro della nostra dissertazione.
Cos’è l’omofobia? La fobia dell’omosessualità è una patologia come le altri sindromi fobiche o cosa?
Innanzitutto è bene precisare che l’utilizzo del termine “fobia” in questo caso non è letterale. Con essa il dott. Weinberg, il primo ad usare la parola “omofobia“, intendeva fare riferimento alla irrazionalità del rifiuto, della repulsione e dell’ostilità sperimentate dall’omofobico. Di certo sapeva bene che non si trattasse della stessa angoscia, o talvolta terrore, che invece allaga una persona affetta da una sindrome fobica quando entra in contatto con l’oggetto della sua fobia.
Inoltre, la persona fobica è consapevole dell’irragionevolezza della propria paura, mentre gli omofobi sono ancorati a solidi ma falsi sillogismi e luoghi comuni che usano per giustificare la loro ostilità. Ed infine, ma non per ultima, esiste una sostanziale differenza nella vittima finale delle due dinamiche psicologiche: il fobico danneggia se stesso, l’omofobico attacca l’altro.
Quindi ai più possiamo sciogliere il primo dubbio: sebbene il nome lo ricordi, l’omofobia non è un disturbo fobico.
Ma prima abbiamo detto che non è la realtà dei fatti a sancire chi siamo quanto piuttosto è il vissuto personale il vero specchio dell’essenza di ciascuno. E allora qual è il vissuto di chi odia gli omosessuali?
Partiamo da un concetto di base fondamentale per la teoria psicoanalitica.
Quando proviamo un’emozione troppo intensa da poter essere gestita e compresa, positiva o negativa che sia, il nostro equilibrio mentale rischia lo scompenso; per difenderci da un tale rischio abbiamo sviluppato diverse difese: tra le altre ci sono la rimozione, la scissione e la proiezione. Un desiderio o un pensiero, ad esempio, se ritenuti inaccettabili dal proprio sistema di valori sociali, familiari e religiosi, possono suscitare un’angoscia dilagante; solo rimuovendoli, cancellandoli cioè dalla coscienza, è possibile avere qualche chance di non soccombere al terrore di sentirsi sporchi, cattivi, non meritevoli di accettazione e di amore.
“Tutto l’essenziale si è preservato, persino ciò che sembra completamente dimenticato è ancora presente in qualche modo o da qualche parte, solo che è sepolto, reso indisponibile all’individuo.” Dr. Sigmund Freud
È ciò che succede a chi vive magari una vita intera da eterosessuale, eppure in uno sparuto momento della sua storia, per un breve lasso di tempo, aveva riconosciuto e poi temuto e poi rimosso i propri aspetti omosessuali.
Se a questo tipo di esperienza si aggiunge un tipo di personalità autoritaria, intimamente fragile e insicura, ed un contesto socio-familiare “educastrante”, il passo successivo più naturale è il difendersi ulteriormente mediante scissione e proiezione.
Vale a dire che il contenuto angoscioso rimosso (in questo caso l’omosessualità) viene inconsciamente scisso da sé e proiettato nell’altro. All’omofobo resta l’angoscia, ma la sensazione è che sia l’altro a suscitarla; è per questo che lo odia e lo combatte, non vuole vederlo, non vuole vedere se stesso.
Ci sono prove di una frequente omosessualità degli omofobi?
Uno studio di Adams, Wright e Lohr del 1996 esaminò la risposta sessuale di due categorie (omofobi / non omofobi) di soggetti che si dichiaravano eterosessuali quando venivano esposti a stimoli omosessuali. Entrambi i gruppi furono eccitati da film con scene di sesso eterosessuale e tra donne omosessuali, ma solo gli omofobi ebbero un erezione alla vista di immagini di sesso omosessuale fra uomini.
Un altro studio è stato condotto invece da Weinstein N. nel 2012, e poi pubblicato sia integralmente sul Journal of Personality and Social Psychology che in astratto sul sito del American Psychological Association. Mediante quattro esperimenti indipendenti, che hanno coinvolto circa 650 studenti sia statunitensi che tedeschi, ha dimostrato 2 punti fondamentali della teoria psicoanalitica.
- I soggetti omofobi vivono un forte conflitto interno tra la propria identità sessuale e la necessità di reprimerla a causa di un ambiente socio-educativo stigmatizzante.
- La tendenza all’omofobia poggia sempre su un forte senso di insicurezza, frutto di stili genitoriali poco avvezzi al sostegno di un’autentica espressione del sé.
Quanto è radicata in Italia? È davvero necessaria una Giornata internazionale contro l’omofobia?
Ad oggi 16 marzo 2021 sono 149 le vittime nell’ultimo anno in Italia, e 1193 vittime dal 2013 ad oggi. Ci sembrano onestamente numeri importanti che denunciano un fenomeno ancora troppo poco conosciuto ed ancor meno combattuto nel Bel Paese.
Un anno fa, il Presidente del Consiglio di allora, Giuseppe Conte, si espresse così: “La Giornata internazionale contro l’omofobia non è una semplice ricorrenza, un’occasione celebrativa. Deve essere anche un momento di riflessione per tutti e, in particolare, per chi riveste ruoli istituzionali.. Queste discriminazioni sono contrarie alla Costituzione perché calpestano il valore fondamentale della dignità della persona.. e si alimentano di pregiudizi che celano arretratezza culturale.. la violenza è un problema culturale e una responsabilità sociale“
Dr. Angelo Cirillo
Psicologo Psicoterapeuta
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