Shoah
Che significa Shoah?
La parola Shoah in ebraico vuol dire “catastrofe, distruzione“. Identifica storicamente il genocidio degli ebrei messo in atto dal regime nazista durante la seconda guerra mondiale.
Spesso, ci si riferisce al piano di sterminio degli ebrei e di tutti coloro i quali erano considerati inferiori e sgraditi al regime anche con il termine Olocausto, che in greco vuol dire “bruciato interamente“.
Oltre agli ebrei infatti, finirono nel mirino di Hitler e dei suoi alleati, tutti i prigionieri di guerra sovietici, gli oppositori politici, qualunque minoranza etnica o religiosa, gli omosessuali ed i portatori di handicap.
Nel 1945, con la fine della guerra, si contarono quasi 17 milioni di vittime, di cui circa 6 milioni di religione ebraica; due terzi degli ebrei europei erano stati brutalmente assassinati nei campi di concentramento nazisti.
Che cos’è un campo di concentramento?
Un campo di concentramento è una struttura di detenzione, un carcere, spesso costruito all’aperto nei periodi di guerra. Gli eserciti li utilizzano per “concentrare” grandi numeri di prigionieri.
Quelli voluti da Hitler furono più di 40.000. Il primo, costruito a Dachau (Monaco di Baviera) e destinato principalmente ai prigionieri politici, rimase attivo fino alla fine della guerra nel aprile 1945. Certamente il più famigerato per dimensioni e per l’efferatezza delle condotte al suo interno, è ancora oggi quello di Auschwitz, in Polonia.
Perché il Giorno della Memoria? E perché si celebra il 27 gennaio?
Il 27 gennaio è il giorno in cui, nel 1945, la sessantesima armata dell’esercito sovietico libera i superstiti di Auschwitz.
L’Assemblea Generale del ONU, il 1° novembre 2005 proclamò ufficialmente questa data quale Giornata Internazionale della Commemorazione in memoria delle vittime dell’Olocausto.
Secondo il testo redatto in quella occasione, ogni anno, il 27 gennaio, gli stati membri delle Nazioni Unite hanno il dovere di promuovere eventi di ogni genere che aiutino le generazioni future a fare tesoro di questa drammatica pagina di storia.
Questa stessa risoluzione rifiuta inoltre in modo netto ed inderogabile qualsiasi tentativo di negazione della Shoah, sia sul piano storico che architettonico; impone infatti non solo il ricordo ma anche la conservazione dei luoghi che furono teatro di questo scempio.
Il 27 gennaio cioè non deve essere considerato un “omaggio” alle vittime del nazismo, quanto invece come un’occasione in cui insieme ricordiamo e riflettiamo su un pezzo della nostra storia.
La Shoah in Italia: legge 211 del 2000
Il 20 luglio del 2000 l’Italia approva la legge 211, che di fatto anticipa la risoluzione dell’ONU di ben cinque anni.
Questa legge istituisce ogni 27 gennaio il “Giorno della Memoria”: una commemorazione pubblica che ricorda la Shoah, le leggi razziali promosse dal regime fascista, tutti gli italiani, ebrei e non, che sono stati uccisi, deportati ed imprigionati, e tutti coloro che si sono opposti rischiando la vita.
Questa legge prevede 2 articoli.
Art. 1. La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, “Giorno della Memoria”, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonchè coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.
Art. 2. In occasione del “Giorno della Memoria” di cui all’articolo 1, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere.
Sigmund Freud e il nazismo
Sigismund Schlomo Freud (questo il suo nome d’origine) nasce il 6 Maggio del 1856 dal padre Jacob Freud, un ebreo galiziano, e la madre Amalie Nathanson, terza moglie di Jacob. Jacob è un ebreo non tradizionalista che commercia lana e che per lavoro trasloca con tutta la famiglia a Vienna.
Nonostante il disinteresse paterno ed il forte orientamento antisemita della Vienna di fine ‘800, Sigmund si appassiona allo studio del testo biblico, alla storia e alla tradizione del suo popolo. Man mano che cresce e inizia le sue teorizzazioni però diviene ateo e non vede di buon occhio tutte le religioni.
Nonostante ciò, nel 1933, con l’inizio delle persecuzioni volute da Hitler, dovette affrontare una situazione del tutto inaspettata e a tratti surreale. Leggendo la corrispondenza epistolare tra lo stesso Freud e Marie Bonaparte, si evince quanto egli stesso non avesse compreso il reale pericolo che si stava diffondendo in Europa:
“Quanto è fortunata Lei che è immersa nel suo lavoro senza accorgersi delle orribili cose che accadono intorno. Nei nostri circoli c’è già molta trepidazione: la gente teme che eccessi nazionalistici dei tedeschi possano estendersi anche al nostro piccolo Stato. Mi hanno persino consigliato di fuggire fin d’ora in Svizzera o in Francia. Sciocchezze: non credo che qui vi sia pericolo, e se esso dovesse verificarsi, sono fermamente risoluto ad aspettarlo qui..“.
Era stato infatti Sándor Ferenczi, uno dei primissimi seguaci e divulgatori della teoria freudiana in Ungheria, a suggerirgli di lasciare l’Austria per rifugiarsi in Inghilterra, ma Freud in un’altra lettera gli aveva risposto:
“..son felice di poterLe dire che non penso affatto a lasciare Vienna. ..Non è sicuro che il regime di Hitler domini anche l’Austria. E’ possibile sì, ma tutti credono che non raggiungerà la brutale crudeltà che ha raggiunto in Germania. Io personalmente non corro nessun pericolo e quando Lei dipinge come estremamente spiacevole una vita in cui noi Ebrei venissimo soppressi, non dimentichi quanto sia disagevole trapiantarsi all’estero, sia in Svizzera che in Inghilterra, per i rifugiati. Secondo me la fuga è giustificata solo da un rischio diretto della vita..”
Pochi mesi dopo il regime ordinò che i libri di Freud fossero tutti bruciati pubblicamente a Berlino e che la Psicoanalisi fosse messa al bando in quanto “Scienza ebraica”.
Dr. Angelo Cirillo
Psicologo Psicoterapeuta
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